domenica 14 aprile 2013

Giallo Corallo


Voltando lo sguardo indietro nel tempo, viene naturale chiedersi il perché di tanto disinteresse nei confronti di “un monumento” che ha qualificato la città di Livorno nei primi anni del 1900 e del perché non si cercò o non si volle recuperare l’edificio subito dopo il danno dell’incendio, lasciando invece libero accesso all’incuria ed al vandalismo. Ciò che si può desumere da documenti ritrovati, dove qui ne ho dato corpo, è che le Terme erano uno “scomodo impedimento”, nel senso che la società gestrice in esclusiva dello sfruttamento idrico del sottosuolo della zona nord-est della città, sottraeva un bene prezioso alla collettività. Dobbiamo però distinguere i tipi di acque che si sfruttavano all’interno delle Terme perché questo ha generato nel tempo molta confusione.
Si devono differenziare infatti, le acque termali cioè quelle minerali utilizzate all’interno dello stabilimento per la cura idropinica e la acque minerali deboli utilizzate per la produzione industriale, come l’acqua Corallo e le bibite derivate. I pozzi interni allo stabilimento assicuravano sufficientemente il comparto curativo anche perché il consumo come si può capire dall’utilizzo era relativamente modesto. La necessità di produrre quantitativi industrialmente competitivi per ciò che invece riguardava l’attività produttiva portò la società Corallo a individuare nuove sorgenti poiché si necessitava di erogazioni dell’ordine di centinaia di migliaia di litri al giorno (nel 1964 si producevano 60.000 litri giornalieri di prodotti Corallo ottenuti con l’acqua della sorgente dell’Angelo, alla Padula che giungeva con condutture in acciaio fin sotto lo stabilimento) e non di acque fortemente minerali come quelle curative delle terme ma di acque meno mineralizzate. In ciò sta il tramandato comune che l’ acqua ( e non le acque) era divenuta insufficiente o che addirittura erano esaurite le sorgenti o peggio ancora come afferma il Wiquel nel suo Dizionario, che le Terme del Corallo erano tutte una montatura.
Dobbiamo quindi trattare i due casi separatamente.
L’acqua “termale” c’era, mentre l’acqua per la produzione industriale era divenuta insufficiente.
Come crolla quindi la fama del Corallo?
La questione risale ai primi anni del 1900 quando la società “Acque della Salute” stipula un contratto con il Comune di Livorno relativo alla cessione dei terreni intorno e dietro al campo di Marte fino alla Padula per la realizzazione di tutto il comparto ferroviario, con la clausola però di non utilizzare le acque che verranno trovate nel sottosuolo per ricavarne pozzi, o sorgenti o altre attività industriali.
Questo è secondo me il nodo del problema.
Il fronte si sposta quindi sul problema idrico dei terreni vincolati dal patto Corallo-Comune.
Chi occupa ed occuperà i terreni chiede insistentemente la possibilità di aprire pozzi per le coltivazioni e per le piccole attività agricole. La carenza di acqua per le piccole industrie inoltre è fonte di preoccupazione di maggiori oneri per i costi di produzione derivati dal doverla acquistare. Questa possibilità gli viene negata per l’accordo sottoscritto. E tutto questo accade mentre esistono sorgenti e falde sotterranee ricche di acqua. L’estensione del beneficio dell’acqua a tutti coloro che lo desiderano è quindi nelle mani del Comune vincolato dal vecchio contratto con la società “Acque della Salute”. Va da se che il problema esplode e la liberalizzazione dello sfruttamento idrico trova come ostacolo la proprietà delle Terme. L’annientamento delle Terme prende quindi il via. Intorno al 1964 inizia una vera e propria campagna di denigrazione nei confronti dell’acqua Corallo, si boicotta la distribuzione e la vendita, si spargono voci di produzione non igienicamente corretta e dell’ utilizzo di acqua dell’acquedotto trattata. Si genera una situazione negativa che porta ad una diminuzione di vendite. La Coca-Cola, con la sua produzione prende il sopravvento, dettando regole interne che portano inesorabilmente alla cessazione da li a 4 anni dei prodotti Corallo. Nel 1968 l’amministratore della STIB dà una comunicazione stampa nella quale spiega il perché dell’arrestarsi della produzione Corallo affermando che sarà preso un anno di aspettativa dal consorzio miniere per fare sondaggi nel sottosuolo al fine di cercare la vena d’acqua principale per sfruttare la produzione al massimo. –“100 milioni di lire di incasso annui che si possono ricavare con la portata di oggi (1968) potevano andare bene 50 anni fa quando vi erano meno tasse e la manodopera costava meno”. Dopo questa notizia l’attività produttiva Corallo non fu mai ripresa e non si seppe niente degli esiti della ricerca idrogeologica. Casualmente nel 1968 un inspiegabile e mai spiegato incendio devasta per sempre il palazzo monumentale delle Terme. Nel 1968 ancora, l’Hotel Corallo viene requisito dal Comune per dare alloggio ai terremotati provenienti dalla Sicilia. Nel 1982 vi si costruisce davanti ai cancelli delle Terme un poderoso cavalca ferrovia per nascondere lo stabilimento termale alla vista.
Riflettendo e rispolverando i ricordi, non vi viene in mente la fiaba della bella addormentata nel bosco? Dove “la principessa” per un malefico incantesimo della strega cattiva viene imprigionata in un castello diroccato, controllato da un drago (cavalcaferrovia), nascosto da un intricato svilupparsi di rovi altissimi.
Il paragone mi sembra calzante!

di Silvia Menicagli

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