Voltando lo sguardo indietro nel tempo,
viene naturale chiedersi il perché di tanto disinteresse nei
confronti di “un monumento” che ha qualificato la città di
Livorno nei primi anni del 1900 e del perché non si cercò o non si
volle recuperare l’edificio subito dopo il danno dell’incendio,
lasciando invece libero accesso all’incuria ed al vandalismo. Ciò
che si può desumere da documenti ritrovati, dove qui ne ho dato
corpo, è che le Terme erano uno “scomodo impedimento”, nel senso
che la società gestrice in esclusiva dello sfruttamento idrico del
sottosuolo della zona nord-est della città, sottraeva un bene
prezioso alla collettività. Dobbiamo però distinguere i tipi di
acque che si sfruttavano all’interno delle Terme perché questo ha
generato nel tempo molta confusione.
Si devono differenziare infatti, le
acque termali cioè quelle minerali utilizzate all’interno dello
stabilimento per la cura idropinica e la acque minerali deboli
utilizzate per la produzione industriale, come l’acqua Corallo e le
bibite derivate. I pozzi interni allo stabilimento assicuravano
sufficientemente il comparto curativo anche perché il consumo come
si può capire dall’utilizzo era relativamente modesto. La
necessità di produrre quantitativi industrialmente competitivi per
ciò che invece riguardava l’attività produttiva portò la società
Corallo a individuare nuove sorgenti poiché si necessitava di
erogazioni dell’ordine di centinaia di migliaia di litri al giorno
(nel 1964 si producevano 60.000 litri giornalieri di prodotti Corallo
ottenuti con l’acqua della sorgente dell’Angelo, alla Padula che
giungeva con condutture in acciaio fin sotto lo stabilimento) e non
di acque fortemente minerali come quelle curative delle terme ma di
acque meno mineralizzate. In ciò sta il tramandato comune che l’
acqua ( e non le acque) era divenuta insufficiente o che addirittura
erano esaurite le sorgenti o peggio ancora come afferma il Wiquel nel
suo Dizionario, che le Terme del Corallo erano tutte una montatura.
Dobbiamo quindi trattare i due casi
separatamente.
L’acqua “termale” c’era, mentre
l’acqua per la produzione industriale era divenuta insufficiente.
Come crolla quindi la fama del Corallo?
La questione risale ai primi anni del
1900 quando la società “Acque della Salute” stipula un contratto
con il Comune di Livorno relativo alla cessione dei terreni intorno e
dietro al campo di Marte fino alla Padula per la realizzazione di
tutto il comparto ferroviario, con la clausola però di non
utilizzare le acque che verranno trovate nel sottosuolo per ricavarne
pozzi, o sorgenti o altre attività industriali.
Questo è secondo me il nodo del
problema.
Il fronte si sposta quindi sul problema
idrico dei terreni vincolati dal patto Corallo-Comune.
Chi occupa ed occuperà i terreni
chiede insistentemente la possibilità di aprire pozzi per le
coltivazioni e per le piccole attività agricole. La carenza di acqua
per le piccole industrie inoltre è fonte di preoccupazione di
maggiori oneri per i costi di produzione derivati dal doverla
acquistare. Questa possibilità gli viene negata per l’accordo
sottoscritto. E tutto questo accade mentre esistono sorgenti e falde
sotterranee ricche di acqua. L’estensione del beneficio dell’acqua
a tutti coloro che lo desiderano è quindi nelle mani del Comune
vincolato dal vecchio contratto con la società “Acque della
Salute”. Va da se che il problema esplode e la liberalizzazione
dello sfruttamento idrico trova come ostacolo la proprietà delle
Terme. L’annientamento delle Terme prende quindi il via. Intorno al
1964 inizia una vera e propria campagna di denigrazione nei confronti
dell’acqua Corallo, si boicotta la distribuzione e la vendita, si
spargono voci di produzione non igienicamente corretta e dell’
utilizzo di acqua dell’acquedotto trattata. Si genera una
situazione negativa che porta ad una diminuzione di vendite. La
Coca-Cola, con la sua produzione prende il sopravvento, dettando
regole interne che portano inesorabilmente alla cessazione da li a 4
anni dei prodotti Corallo. Nel 1968 l’amministratore della STIB dà
una comunicazione stampa nella quale spiega il perché
dell’arrestarsi della produzione Corallo affermando che sarà preso
un anno di aspettativa dal consorzio miniere per fare sondaggi nel
sottosuolo al fine di cercare la vena d’acqua principale per
sfruttare la produzione al massimo. –“100 milioni di lire di
incasso annui che si possono ricavare con la portata di oggi (1968)
potevano andare bene 50 anni fa quando vi erano meno tasse e la
manodopera costava meno”. Dopo questa notizia l’attività
produttiva Corallo non fu mai ripresa e non si seppe niente degli
esiti della ricerca idrogeologica. Casualmente nel 1968 un
inspiegabile e mai spiegato incendio devasta per sempre il palazzo
monumentale delle Terme. Nel 1968 ancora, l’Hotel Corallo viene
requisito dal Comune per dare alloggio ai terremotati provenienti
dalla Sicilia. Nel 1982 vi si costruisce davanti ai cancelli delle
Terme un poderoso cavalca ferrovia per nascondere lo stabilimento
termale alla vista.
Riflettendo e rispolverando i ricordi,
non vi viene in mente la fiaba della bella addormentata nel bosco?
Dove “la principessa” per un malefico incantesimo della strega
cattiva viene imprigionata in un castello diroccato, controllato da
un drago (cavalcaferrovia), nascosto da un intricato svilupparsi di
rovi altissimi.
Il paragone mi sembra calzante!
di Silvia Menicagli
Nessun commento:
Posta un commento